Crisi economica globale, guerre, smarrimento, perdita di valori... in una parola caos! Non fa per me, a me piace l'ordine, la simmetria delle cose; ma soprattutto mi piace la verità, o almeno è quello che cerco.

venerdì 20 settembre 2013

Antiossidanti e invecchiamento: a che punto stiamo?


Chi di voi non è caduto nella trappola dei “miracolosi poteri degli antiossidanti” alzi la mano;
A chi non è capitato almeno una volta nella vita di avvicinarsi al bancone del bar e chiedere un succo di frutta ai mirtilli?
Quanti di voi donne spendono buona parte dei loro soldi per combattere i radicali liberi (bevande, integratori alimentari, creme, infusi…)?

Ebbene, a quanto pare siamo tutti vittime di un inganno. Secondo i recenti dati raccolti dal dott. Gems, vicedirettore dell’Institute of Healthy Ageing dell’University College di Londra, sembrerebbe che il danno ossidativo non è affatto la causa dell’invecchiamento. A questo fatto diciamo così scioccante, si aggiungono anni e anni di ricerche scientifiche sulla pericolosità dell’uso sconsiderato degli antiossidanti e delle vitamine per combattere il naturale processo dell’invecchiamento, prevenire le malattie, ed in alcuni casi (alcuni sostengono) curarle. La cosa più triste di tutto ciò è che questi studi sono pubblici e disponibili a tutti, medici, pazienti, estetiste, naturalisti, “scienziati dell’invecchiamento”, case cosmetiche e farmaceutiche. Eppure, per diversi motivi tutti fanno finta che questi dati, tra l’altro molto preoccupanti (poi ve li presenterò ma ne parlo già nell’articolo precedente), non esistano. E il circo degli antiossidanti contro i radicali liberi continua a girare, a far fruttare miliardi di euro all’anno, senza un reale miglioramento però del benessere e della salute delle persone.
Per conoscere a fondo tutta la questione, andiamo al T0, quando nacque il mito dei radicali liberi come causa dell’invecchiamento…
Pensate che dobbiamo tornare indietro di ben 70 anni (!!!): nel 1945, un chimico di nome Denham Harman, rimase affascinato da un articolo letto su una copia del “Ladies’ Home Journal” della moglie. Harman aveva 29 anni, lavorava alla Shell, e non aveva molto tempo per occupare il suo genio alla questione. Ma nove anni dopo, laureatosi in medicina, venne assunto come ricercatore alla University of California e lì poté cominciare i suoi “studi” sull’invecchiamento; e un mattino, mentre stava nel suo ufficio a riflettere, ebbe l’illuminazione della sua vita: l’invecchiamento è causato dai radicali liberi. Era la prima volta che si associavano i radicali liberi all’invecchiamento, ma ad Herman sembrava ovvio fosse così. Sapeva che le radiazioni ionizzanti prodotte dai raggi X e dalle bombe nucleari – potenzialmente mortali – causavano un aumento della produzione di radicali liberi nel corpo. Altri studi dimostravano che una dieta a base di cibi ricchi di antiossidanti riduceva i danni da radiazioni ionizzanti, che erano appunto la causa del danno cellulare ossidativo. Inoltre i radicali liberi sono i prodotti naturali del processo di respirazione e del metabolismo, e si accumulano nelle cellule col passare del tempo.
Poiché sia il danno cellulare che i radicali liberi aumentano con l’età, era plausibile (ve lo ricordate? Diffidate dalla plausibilità logica) che fossero la causa dell’invecchiamento, e che quindi gli antiossidanti rallentassero il processo di invecchiamento.
Harman cominciò a studiare la sua ipotesi, e poco dopo pubblicò i dati di un suo studio dove “dimostrò” che topolini nutriti con antiossidanti vivessero più a lungo (ad alte dosi però avevano effetti dannosi).
Ben presto molti scienziati si unirono al gruppo, e nel 1969 venne dimostrata l’esistenza del primo enzima antiossidante, la superossido dismutasi: ipotizzarono che il corpo produceva questo enzima per combattere i danni dell’accumulo di radicali liberi.
di fronte a questi “dati”, la maggior parte dei biologi e degli scienziati dell’invecchiamento si convertì alla “teoria dei radicali liberi”.
Quando si parla di invecchiamento, professionista o profano non conta, la teoria dei radicali liberi spunta fuori. Con le parole di Gems: “se lavori nel campo dell’invecchiamento, la teoria dei radicali liberi è come l’aria che respiri”.
E fu così che nacque il mercato degli antiossidanti: creme, integratori alimentari, bevande, tisane, “farmaci”. Milioni di dollari vennero spesi dalle grandi industrie per pubblicizzare i nuovissimi e miracolosi “elisir di lunga vita”. Nacquero riviste “specializzate”, compagnie di marketing, nuove professioni… Insomma, la teoria dei radicali liberi fu come un’iniezione di benzina a 100 ottani nel motore dell’economia.
Nonostante tutto questo interesse e le numerose “ricerche” fatte sui radicali liberi, negli anni successivi risultò sempre più difficile dimostrare qualcosa di nuovo, e gli scienziati ebbero difficoltà addirittura a ripetere i risultati ottenuti da Harman sui topolini. Negli anni settanta non c’erano prove del fatto che nutrire con antiossidanti gli animali influisse positivamente sulla loro longevità.
Negli anni novanta però, grazie al progredire della tecnologia e delle conoscenze sulla genetica, fu possibile “creare” dei topolini con alterazioni nella produzione di enzimi antiossidanti. Questi animali avevano una quantità maggiore di radicali liberi circolanti, e secondo la teoria dei radicali liberi, avrebbero dovuto sopravvivere molto di meno. Tuttavia, gli esperimenti fatti su questi animali non riportarono nessuna riduzione della sopravvivenza degli animali: i danni ossidativi causati dai radicali liberi non hanno nessuna influenza sulla longevità delle cavie da laboratorio; anzi queste cavie vivevano più a lungo. Nonostante questo, naturalmente le vendite dei prodotti a base di antiossidanti toccavano vette impressionanti.
Nel frattempo però furono pubblicati altri tipi di studi piuttosto preoccupanti…
Circa il 52% degli americani, e la stessa statistica è applicabile a tutti i paesi industrializzati, Italia compresa, assume quotidianamente un integratore vitaminico a base di Vitamina E o Beta-Carotene.
Una revisione sistematica effettuata su tutti i trial clinici randomizzati a doppio cieco, evidenziò che l’utilizzo di integratori alimentari a base di vitamine e antiossidanti aumenterebbe il rischio di morte fino al 16%. Altri studi hanno analizzato le differenze tra due gruppi di sportivi: il primo assumeva antiossidanti e vitamine, il secondo no. Gli sportivi che non assumevano vitamine e antiossidanti godevano di una salute migliore, e presentavano minori indizi di un possibile sviluppo di diabete Tipo 2.
L’American Hearth Association e l’American Diabetes Assotiation sconsigliano vivamente il consumo di prodotti a base di antiossidanti se non per curare un’avitaminosi ben diagnosticata.
A sinistra, in arancione, sono riportati gli studi che dimostrano una mortalità inferiore per chi assume antiossidanti; a sinistra in viola, il contrario. Come potete vedere sono molti di più i puntini viola di quelli arancioni.

Più recentemente il dott. Hekimi, biologo alla McGill University, ha fatto degli studi interessantissimi: ha allevato nematodi (vermi) che producono una quantità eccessiva di un particolare radicale libero, il superossido. Lo scienziato si aspettava di confermare la teoria dei radicali liberi, invece dovette ricredersi trovandosi davanti a nematodi più in salute e con una sopravvivenza del 32% in più. Addirittura, “aiutando” questi vermi con l’antiossidante vitamina C, li faceva morire prima. Secondo Hekimi il superossido fa da messaggero cellulare attivando i meccanismi di riparazione cellulare. In un altro esperimento, Hekimi espose fin dalla nascita nematodi “normali” a concentrazioni basse di un comune erbicida che determina la produzione di una notevole quantità di radicali liberi. Sorprendentemente questi nematodi vivevano il 58% in più dei vermi non trattati. E, ancora una volta, la somministrazione di antiossidanti riduceva gli effetti benefici della tossina. Ed infine, nel 2012, Hekimi et al. dimostrarono che la disattivazione di tutti e 5 i geni responsabili della produzione dell’enzima superossido dismutasi non aveva ripercussioni sulla sopravvivenza dei nematodi.

Ma allora, questi radicali liberi sono salutari? La cosa non è così semplice, i radicali liberi potrebbero essere salutari in alcuni contesti e nocivi in altri. Quello che è certo è che sull’invecchiamento abbiamo davvero poche conoscenze e ci sono figure “losche” che hanno tutto l’interesse (economico soprattutto) di mantenere inalterato lo status quo.  Gli antiossidanti possono essere pericolosi per la nostra salute tanto quanto il fumo di sigaretta o l’asbesto.
Il mito dell'elisir di lunga vita resta ancora tale, e dobbiamo smetterla di illuderci dell'esistenza di una pillola per tutto.
Vogliamo vivere di più, e meglio? 
Esistono numerosi studi ben fatti che ci dicono quello che dobbiamo fare: impegnarci.
Impegnarci a mantenere uno stile di vita salutare, fare attività fisica di media intensità almeno 3 volte la settimana, mangiare almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura, limitare la carne rossa, NON FUMARE, essere felici. 
Ognuno di noi ha il suo corredo genetico e su quello ad oggi non si può fare nulla, e ci sarà sempre quella persona che nonostante una vita salutare e sportiva a 30 anni sviluppa un tumore... Come chi fuma da una vita e a 85 anni non prende una medicina. 
Tuttavia non credo che essere fatalisti sia un modo funzionale di ragionare; siamo uomini, abbiamo a disposizione un miracolo di ingegneria in grado di creare tutto quello che abbiamo intorno; ci siamo creati un bagaglio di conoscenze incalcolabile e più andremo avanti più conosceremo. Lasciare questo tesoro nel cassetto e non sfruttarlo a proprio vantaggio è da sciocchi e spregiudicati.



Alla prossima!



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